Nessuna violazione del diritto alla vita di Federico Barakat: così ha deciso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel procedimento instaurato a seguito del ricorso presentato dalla madre Antonella Penati.

Federico è stato ucciso dal proprio padre presso una struttura del Comune di San Donato Milanese, durante un incontro protetto. Antonella era stata considerata dai giudici meneghini una madre alienante poiché il figlio si rifiutava di vedere il padre violento; temeva per la propria incolumità e quella del minore e per questo motivo aveva presentato ben 17 denunce. Tuttavia, non è stata creduta.

Ed infatti si è preferito disporre gli incontri protetti per tutelare il diritto alla genitorialità di un padre violento, senza preoccuparsi del pericolo al quale sarebbe stato esposto il bambino.

È disarmante leggere nella Sentenza di Strasburgo che gli incontri protetti, avevano il ruolo di sostegno allo sviluppo educativo e psicologico del bambino, e non di salvaguardia del diritto all’integrità fisica e psichica e, più in generale, del diritto di protezione del minore.

L’UDI, interviene nel processo con l’avv. Fabrizia Castagna a sostegno di Antonella Penati, denunciando la completa inidoneità degli incontri protetti a fronteggiare la complessità della situazione. La censura sollevata dall’associazione era diretta a evidenziare l’assenza di una adeguata protezione che la situazione di vulnerabilità imponeva.

A fronte delle continue denunce sporte dalla donna e in considerazione della perizia del Tribunale, dalla quale emergeva una problematica psicologica dell’uomo, si sarebbe dovuta prestare molta più attenzione nel tutelare adeguatamente l’incolumità del bambino, dato anche il fatto che a detta dei medesimi educatori, risultava spesso intimorito e a disagio con il proprio padre.

Ma l’aspetto più drammatico e per il quale la Sentenza della Corte Europea solleva molte perplessità è che non si è voluto considerare la mancata attuazione delle Linee Guida dei Servizi per il diritto di visita e di relazione, emanate dalla Provincia di Milano. Linee Guida che prevedevano l’adozione di misure strutturali o tecnologiche per la eliminazione o la riduzione di fattori di rischio connessi alla violenza, quali ad esempio la possibilità di installare di metal – detector fissi o portatili atti a rilevare la presenza di armi metalliche.

Il padre, al quale si doveva garantire in tutti i modi il diritto di visita, era entrato in un luogo protetto con un revolver ed un pugnale, senza essere sottoposto ad alcun controllo di sorta.

Purtroppo, benché sussistano norme a tutela della persona offesa per impedire i femminicidi e i figlicidi, sussiste da parte della società una disarmante capacità a sottovalutare il rischio di vita del minore o della donna, preferendo tutelare il diritto del padre all’affettività, con l’ovvia conseguenza che si inibisce alla vittima di ricevere una adeguata ed efficace protezione e la si espone incredibilmente ad ulteriori azioni criminose e violente, non riconoscendole di fatto il diritto di essere protetta.

Per questo ci chiediamo: se il bambino era stato affidato alla struttura Comunale, se la madre non aveva la possibilità di proteggere il figlio, perché non si poteva opporre a quelli incontri, chi allora aveva l’obbligo di tutelare la vita di Federico?

UDI Bologna

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